Yves Raguin: un gesuita francese e la spiritualità orientale
Yves Raguin nasce il 9 novembre 1912 a Sainte Catherine de Firbois, vicino a Chinon, terzo di sei figli di una famiglia di proprietari terrieri. Nel pieno della sua maturità ci racconta di aver avuto all’età di otto anni un’esperienza spirituale che lo rese consapevole della presenza di Dio in sé, esperienza che condizionò in seguito ogni scelta della sua vita. Concluso il periodo di collegio al San Giuseppe di Poitieres, all’età di diciotto anni Raguin entra nel noviziato dei gesuiti a Laval e dopo dodici anni, nel 1942, viene ordinato sacerdote. Durante i suoi studi di teologia a Forivière, a Lione e a Parigi, subisce l’influsso di Henri de Lubac, Jean Daniélou, Madre Maria dell’Assunzione, Eduard Duperray, Jules Monchanin, Jules Lebreton, cioè di personalità del mondo cattolico che a quell’epoca dimostravano notevoli aperture teologiche e si interessavano anche ad altre tradizioni religiose.
Yves Raguin nasce il 9 novembre 1912 a Sainte Catherine de Firbois, vicino a Chinon, terzo di sei figli di una famiglia di proprietari terrieri. Nel pieno della sua maturità ci racconta di aver avuto all’età di otto anni un’esperienza spirituale che lo rese consapevole della presenza di Dio in sé, esperienza che condizionò in seguito ogni scelta della sua vita. Concluso il periodo di collegio al San Giuseppe di Poitieres, all’età di diciotto anni Raguin entra nel noviziato dei gesuiti a Laval e dopo dodici anni, nel 1942, viene ordinato sacerdote. Durante i suoi studi di teologia a Forivière, a Lione e a Parigi, subisce l’influsso di Henri de Lubac, Jean Daniélou, Madre Maria dell’Assunzione, Eduard Duperray, Jules Monchanin, Jules Lebreton, cioè di personalità del mondo cattolico che a quell’epoca dimostravano notevoli aperture teologiche e si interessavano anche ad altre tradizioni religiose.
Nell’aria c’era il fascino dell’Estremo Oriente. Durante i suoi studi Raguin incontra Vincent Tsu, un gesuita cinese, ed altri giovani compatrioti, parecchi dei quali col tempo entreranno anch’essi nella Compagnia di Gesù. In tale contesto nel nostro giovane religioso francese prende forma e si rafforza il proposito di diventare missionario in Cina, a cui rimarrà fedele per tutta la vita.
Inizia quindi a studiare cinese all’Istituto di Lingue Orientali con l’idea di compilare un dizionario cinese-francese. Nel 1946 Raguin viene mandato negli Stati Uniti, ad Harvard, dove aveva in precedenza inviato la sua tesi di dottorato, e studia con un distinto nippologo e sinologo, Serge Elisseeff (1889-1975). Non riesce però a concludere gli studi poiché, venuto a conoscenza dell’avanzata dell’esercito comunista verso il sud della Cina e temendo che, se avesse atteso ancora, non gli sarebbe stato più possibile entrare in quel paese, nella primavera del 1949 lascia Harvard e parte per l’Asia.
Il 30 aprile 1949 arriva a Shanghai, che a quel tempo contava circa sei milioni di abitanti, di cui circa 50 mila erano cristiani, titolari di parrocchie, ospedali, collegi, e persino dell’Università “Aurora”, aperta a tutte le confessioni religiose, in cui si insegnava diritto, medicina, lettere e scienze. Ci lavoravano 5788 preti, di cui 2698 erano cinesi, e 905 seminaristi che si venivano preparando al sacerdozio. L’attività dei gesuiti era concentrata nella zona di Zikawei che si gloriava delle sue origini risalenti all’ormai mitico marchigiano Matteo Ricci (1552-1610). La missione gesuita vera e propria era stata però inaugurata solo nel 1842 e ora includeva la sede centrale, il Collegio San Ignazio, il piccolo e il grande seminario, l’osservatorio meteorologico, due orfanotrofi e una facoltà di teologia. Raguin giunge in mezzo a queste attività piuttosto fiorenti, ma non sa di essere destinato ad assistere alla loro pressoché totale distruzione.
Poco più di tre settimane dal suo arrivo a Shanghai, la città viene occupata dalle truppe maoiste. Per circa un anno e mezzo la situazione si mantiene relativamente tranquilla. Il nuovo governo sembra appoggiare la libertà religiosa e proteggere i luoghi di culto. Raguin dunque si immerge nella cultura cinese e approfondisce la conoscenza della lingua. Oltre al lavoro pastorale legato alle attività dei gesuiti in zona, inizia ad insegnare francese e inglese all’Università “Aurora”. Revisiona anche la traduzione in cinese del Petit Larouss, e in collaborazione con Jean Lefauvre traduce i quattro vangeli e due libri di Daniel Rop: Gesù e il suo tempo e La storia della chiesa di Cristo. Tutto questo si svolge in un clima spirituale piuttosto intenso e favorevole ai cristiani del luogo, che culmina con la nomina di Monsignore Kiung a vescovo di Shanghai. Kiung era stato allievo al collegio gesuita di San Ignazio ed ora era il primo vescovo cinese di questa città. Le celebrazioni da lui presiedute attirarono migliaia di fedeli.
L’atmosfera politica cambia radicalmente a partire del 1951. Le istituzioni cattoliche vengono sequestrate dallo stato o dai “cattolici patrioti”, una dolorosa porzione della chiesa locale scesa a compromessi col governo cinese. Gli ostacoli iniziali gradualmente si trasformano in vera persecuzione: arresti di massa, torture, deportazioni in campi di lavoro, espulsioni ed esecuzioni. Più di 60 gesuiti cinesi di Shanghai vengono imprigionati e quelli di provenienza straniera, circa 500, sono espulsi dal paese. In breve tempo la secolare attività dei gesuiti in Cina viene praticamente annientata. Raguin è espulso dalla Cina nell’agosto del 1953. Il sogno del missionario finiva con un Requiem. Ma questa fine paradossalmente volgerà per Raguin ad un novo inizio.
Nell’autunno del 1953 Raguin si stabilisce nella Residenza Loyola di Taichung a Taiwan, cioè nella “casa degli scrittori”, sede di una equipe di trenta gesuiti (in parte cinesi, in parte di varie nazionalità) che lavoravano ad un dizionario multi-linguistico. L’idea era partita dall’ungherese Eugène Zsamar, secondo cui tale opera avrebbe dovuto contenere circa 16.000 caratteri cinesi tradotti in francese, inglese, spagnolo, ungherese e latino, con esplicazioni di tipo storico, culturale e religioso. Raguin, pochi mesi dopo il suo arrivo, diventa il direttore dell’intera impresa legata a tale dizionario che si protrarrà per decenni. Contemporaneamente si impegna nel lavoro missionario sull’isola. In quel periodo a Taiwan numerose erano le conversioni al cattolicesimo, circa 6.000 all’anno, e Raguin contribuì notevolmente a questa attività della Chiesa attraverso la predicazione, i battesimi e gli aiuti offerti in vari modi alle nuove comunità di fedeli.
Sei anni più tardi, nel 1959, Yves Raguin viene mandato in Vietnam per insegnare nelle università di Saigon (oggi: Ho Chi Minch) e di Da Lat, dove per anni tiene corsi in francese sulla storia della Cina e sul buddhismo. Il soggiorno in Vietnam e i numerosi viaggi compiuti in questo periodo in Cambogia, Filippine, Macao, Corea e Hong Kong, dove tiene gli esercizi e si occupa della direzione spirituale, insieme alla riflessione storica che approfondisce per i suoi corsi universitari, fanno di lui uno dei più competenti e profondi conoscitori dell’Estremo Oriente. Nell’insegnare il buddhismo egli va sempre più sottolineando l’aspetto indico, convinto che tale tradizione religiosa non può essere compresa a pieno senza il suo sfondo induista. Vale la pena di notare che per questo corso il gesuita francese compose un dizionario di 3.000 termini buddhisti. Per lui la spiritualità, la missione, la filologia e la storia formano un tutt’uno.
Nel 1964 Raguin torna alla residenza di Taiwan e due anni più tardi fonda l’Istituto Ricci che nel 1969 viene trasferito da Taichung a Taipei. Il lavoro dell’Istituto era centrato sul dizionario cinese che col passare del tempo assunse il nome di “Dizionario Ricci” (sempre in onore di Matteo Ricci). In precedenza, nel 1976, era uscito Le Petit Ricci, contenente 7000 caratteri con 50.000 significati. L’edizione, per così dire “completa”, chiamata Le Grand Ricci, occupò altri decenni di lavoro. Il dizionario, portato a compimento dal successore di Raguin, Benoit Vermander, è uscito nel 2002, in 7 volumi, 9.000 pagine, 15.000 caratteri e 300.000 significati (cf. www.grandricci.org), senza dubbio un vero monumento culturale.
Pur risiedendo principalmente a Tapei e dirigendo i lavori dell’Istituto Ricci, Raguin continua ad insegnare nelle università, a svolgere il lavoro pastorale, a viaggiare in Asia, in Europa e nell’America del Nord, ed a tenere conferenze in diversi centri e simposi. Fissa le proprie riflessioni sulla carta scrivendo articoli e libri. Col tempo diviene un autore di fama, tradotto e apprezzato in molti paesi. Alcuni dei suoi libri appartengono ormai ai classici della spiritualità contemporanea.
Nella vasta e pressoché cinquantenne produzione letteraria di Raguin si possono evidenziare almeno quattro grandi cerchi tematici, che si intersecano creando un unico opus, coerentemente unificato dalla persona dell’ autore, di cui rispecchia la vita, le esperienze e la spiritualità.
Nel primo cerchio si trovano gli scritti storici e filologici, caratterizzati dal tono accademico e specialistico, come ad esempio Leçons sur Taoïsm (1981), Leçons sur le Buddhism (1982), e soprattutto il suo variopinto contributo alla creazione del grande dizionario della lingua cinese. È ovvio che questi sono i suoi studi di base, i cui frutti hanno continuamente fecondato il suo pensiero e informato diversi suoi scritti. D’altra parte, un forte interesse spirituale e una particolare attenzione alla dimensione interiore segnano le stesse opere strettamente storiche e filologiche. Si potrebbe dire che in lui la grammatica e la contemplazione vanno di pari passo.
Il secondo cerchio riguarda il tema della missione. Qui si collocano il libro Théologie missionnaire de l’Ancient Testament (1947), pubblicato ancora prima della sua partenza per la Cina, e Spiritualità missionaria (1971), vari articoli da lui pubblicati per quasi tutta la vita in Asia su riviste teologiche ed in seguito ripresi e incorporati nei suoi libri. L’aspetto missionario è essenziale per comprendere Raguin. Di fatti lo stesso suo lavoro filologico e storico era mosso da spirito missionario. Secondo lui, per poter veramente arrivare agli altri con il messaggio cristiano, della cui ricchezza, bellezza e unicità Raguin è profondamente convinto, bisogna conoscere e assumere la cultura, la lingua e lo spirito delle persone che si desidera evangelizzare. D’altra parte egli stesso, nello svolgimento della propria opera missionaria, si domanda continuamente che cosa questo significhi: come e perché essere missionario sia in Asia Orientale sia in un mondo sempre di più secolarizzato. Col tempo Raguin ha elaborato una teologia della missione che non deve essere identificata con il colonialismo cristiano: il missionario è da lui visto come un “cattalizzatore”, cioè uno che reagisce seguendo la propria personalità, “mettendo in azione le sue energie, nelle prospettive che poi sono le sue”, e al tempo stesso “rende gli altri capaci di realizzarsi da soli”. Così Raguin con questo metafora rivela la concezione che ha di se stesso e della sua vita in Asia. Afferma: “In chimica un catalizzatore è un corpo che serve a favorire la reazione: non è lui a provocarla, ma senza di lui non avverrebbe o avverrebbe più difficilmente. Il catalizzatore non viene cambiato in modo definitivo e può essere utilizzato e riutilizzato a non finire. Un piccolo quantitativo di catalizzatore può effettuare così la conversione di una grande quantità di sostanza che viene trasformata ed è questa proprietà che rende i catalizzatori quanto mai utili” (Lo spirito sul mondo, Gribaudi 1977, p. 283). Indispensabile per esser un missionario è l’atteggiamento contemplativo, interiore, ossia spirituale.
Di fatti il terzo cerchio riguarda proprio queste tematiche, cioè contemplazione, interiorità e spiritualità. Sono senza dubbio i suoi temi preferiti perché legati a una ricerca ed esperienza personali. Vanno a tale proposito menzionati i libri più belli e significativi di Raguin, come Cammini di contemplazione (1969), La profondità di Dio (1973) e Lo spirito sul mondo (1975), che insieme formano la sua trilogia, a cui bisogna aggiungere Pregare oggi (1971), Maestro e discepolo (1985), La sorgente (1988), Alpha. Omega (1988), e il postumo Vide et plénitude (2005). Volendo sottolineare un caratteristica comune a tutti questi testi, si può ritenere che l’intera proposta spirituale di Raguin sia contenuta nella frase con cui si apre La profondità di Dio: «La nostra epoca ha paura della trascendenza, me è attratta dalla profondità: profondità dell’uomo, profondità dell’universo»; egli, penetrando queste profondità con l’aiuto delle tradizioni cristiana e cinese, incontra la profondità stessa di Dio. I suoi libri testimoniano tale sua ricerca e incoraggiano i lettori ad intraprenderne la via.
Il quarto cerchio riguarda l’incontro o il dialogo del cristianesimo con le correnti religiose asiatiche come induismo, buddhismo, taoismo e confucianesimo. In qualche modo si possono ricondurre a questo cerchio tutti i libri già menzionati e informati di storia, filologia, indagini accademiche, fervore missionario e ricerca interiore. La dimensione della “dialogicità” caratterizza l’intera opera e la vita di Yves Raguin. Egli appartiene a quel gruppo di religiosi cristiani occidentali che tra la prima e la seconda metà del ventesimo secolo sono entrati in contatto con le tradizioni spirituali orientali: possiamo fare i nomi di Thomas Merton, Jules Monchanin, Henri Le Saux, Bede Griffiths, John Main, Hugo Makibi Enomiya Lasalle, Raimon Panikkar, Paul Knitter e Willigis Jäger. Si tratta di uno dei fenomeni più interessanti di quel periodo, accompagnato anche da una vasta produzione letteraria. In questo coro Yves Raguin ha una propria voce che si distingue per semplicità di stile, chiarezza linguistica, solidità del pensiero, competenza nella materia e tranquillità interiore. Ancora oggi leggendo i suoi testi si percepisce la pace: la grandezza dell’Oriente non mette a disagio la sua cristianità, la crisi culturale ed ecclesiale dell’Occidente non lo spaventa gettandolo fra le braccia di tradizioni esotiche, e neanche si dispera se l’Oriente va perdendo le proprie tradizioni. Quest’uomo da una parte naviga con la sua barchetta cristiana sui vasti mari dell’Oriente e, d’altra parte, grazie alle profondità offertegli dal buddismo, dal taosimo e dal confucianesimo, riesce a scoprire nel cristianesimo nuove dimensioni. Scrive: “il cristianesimo, soprattutto nell’ultimo secolo, ha influenzato l’Oriente a un punto tale che non si ha più conoscenza di ciò che sarebbe l’Asia senza influssi cristiani. D’altra parte l’Asia ha segnato l’Occidente in modo forse diverso, ma ugualmente reale: ad esempio, l’influenza dell’India sul pensiero europeo, o più recentemente quella delle correnti spirituali come lo Zen sull’atteggiamento religioso di milioni di persone lontane dal Giappone o dalla Cina. E mentre ci si incomincia a preoccupare del modo in cui vivere ed esprimere il cristianesimo nelle prospettive indiane, cinesi o giapponesi, i buddisti si chiedono che ne sarà del neo-buddismo che si sviluppa nell’Occidente. Si tratta, qui, di casi particolari d’un fenomeno generale di reciproca penetrazione e fecondazione culturale” (La profondità di Dio, Gribaudi 1975, p. 17). Raguin stesso è l’uomo di tale incontro tra queste due grandi tradizioni. In lui, come egli stesso riferisce nel suo ultimo libro, tranquillamente convivono e si arricchiscono reciprocamente il Vuoto (śūnyatā) orientale e la Pienezza (pléroma) cristiana.
Il libro Tao della mistica. Le vie della contemplazione tra Oriente e Occidente, ora pubblicato nella collana Campo dei fiori, possiede una sua storia che brevemente va raccontata. Nel 1976 l’arcivescovo di Taipei, Monsignor Stanislao Luo Guang, chiese ad Yves Raguin di preparare in inglese un corso di ampio respiro sulla contemplazione in Cina e in Occidente per l’appena inaugurato Istituto dell’Estremo Oriente. Il gesuita francese con estrema dedizione preparò e quindi presentò tra 1977 e 1982 il corso che, messo per iscritto, conteneva circa 800 pagine. Solo in seguito, grazie al lavoro editoriale di Dolores Sikat e Kevin Gallagher, il testo di queste lezioni è stato dato alle stampe, e così tra 1993 e 2001 sono usciti quattro volumi dal titolo Ways of Contemplation East and West. Il materiale raccolto in questa pubblicazione rispecchia lo stile parlato ed è segnato dal metodo didattico tipico delle lezioni universitarie. Per la nostra edizione italiana ci siamo permessi qualche ritocco: soprattutto sono state eliminate le ripetizione che di sicuro erano ben apprezzate dagli studenti, ma che risultano non necessarie ai fini delle stampe. Inoltre, per ragioni di spazio, abbiamo escluso da questa pubblicazione il quarto volume, che tratta esclusivamente della spiritualità cinese e ne presenta i principali autori ed opere.
Cosi si è ottenuto un volume coerente e ricchissimo, simile a un labirinto piuttosto esteso, ma anche ben strutturato. L’estensione riguarda soprattutto l’immensità della dimensione spirituale dell’uomo, alla cui penetrazione Raguin gradualmente introduce il lettore. Le sue descrizioni dell’esperienza spirituale sono come il calarsi in un’immensa grotta: nel grembo del cosmo e simultaneamente nella caverna del cuore umano. Questa estensione, per definizione impercettibile, è affiancata dalle testimonianze di grandi personalità che ci hanno preceduto in questa escursione nell’Oriente e nell’Occidente. Nel libro di Raguin, su temi quali trascendenza e immanenza, pienezza e vuoto, preghiera e meditazione, parola e silenzio, parlano sia gli Evangelisti che Confucio, san Paolo e Lao Tsy, sant’Agostino e Zuangzi, Dionigi l’Areopagita e Patañjali, Meister Eckhart e Maestri Zen, san Giovanni della Croce e Huineng. Grazie alla limpidezza dello stile di Raguin tutta questa ricchezza è presentata in modo ben strutturato e senza confusioni. Chi conosce già tali autori e i loro scritti può con diletto seguire le pagini del gesuita francese come se partecipasse a un dialogo fra amici. Chi invece ne sa poco o pressoché nulla, viene progressivamente introdotto ai temi e gradualmente fa la conoscenza dei grandi autori di queste tradizioni mistiche. La lettura di questo volume è un viaggio iniziatico che trasforma il lettore.
Yves Raguin è stato reso noto in Italia nel 1972 da Enzo Bianchi, che per Gribaudi ha tradotto Cammini di contemplazione. In seguito, i libri spirituali di questo straordinario gesuita francese sono apparsi in Italia per circa vent’anni e sono stati sempre molto apprezzati. Ora, in un clima ben diverso in cui si trovano sia l’Italia che la Cina, la collana Campo dei fiori riprende questa tradizione, ben consapevole che il dialogo tra Oriente e Occidente è una delle caratteristiche più significative delle nostra epoca.
©Maciej Bielawski (2013)
Inizia quindi a studiare cinese all’Istituto di Lingue Orientali con l’idea di compilare un dizionario cinese-francese. Nel 1946 Raguin viene mandato negli Stati Uniti, ad Harvard, dove aveva in precedenza inviato la sua tesi di dottorato, e studia con un distinto nippologo e sinologo, Serge Elisseeff (1889-1975). Non riesce però a concludere gli studi poiché, venuto a conoscenza dell’avanzata dell’esercito comunista verso il sud della Cina e temendo che, se avesse atteso ancora, non gli sarebbe stato più possibile entrare in quel paese, nella primavera del 1949 lascia Harvard e parte per l’Asia.
Il 30 aprile 1949 arriva a Shanghai, che a quel tempo contava circa sei milioni di abitanti, di cui circa 50 mila erano cristiani, titolari di parrocchie, ospedali, collegi, e persino dell’Università “Aurora”, aperta a tutte le confessioni religiose, in cui si insegnava diritto, medicina, lettere e scienze. Ci lavoravano 5788 preti, di cui 2698 erano cinesi, e 905 seminaristi che si venivano preparando al sacerdozio. L’attività dei gesuiti era concentrata nella zona di Zikawei che si gloriava delle sue origini risalenti all’ormai mitico marchigiano Matteo Ricci (1552-1610). La missione gesuita vera e propria era stata però inaugurata solo nel 1842 e ora includeva la sede centrale, il Collegio San Ignazio, il piccolo e il grande seminario, l’osservatorio meteorologico, due orfanotrofi e una facoltà di teologia. Raguin giunge in mezzo a queste attività piuttosto fiorenti, ma non sa di essere destinato ad assistere alla loro pressoché totale distruzione.
Poco più di tre settimane dal suo arrivo a Shanghai, la città viene occupata dalle truppe maoiste. Per circa un anno e mezzo la situazione si mantiene relativamente tranquilla. Il nuovo governo sembra appoggiare la libertà religiosa e proteggere i luoghi di culto. Raguin dunque si immerge nella cultura cinese e approfondisce la conoscenza della lingua. Oltre al lavoro pastorale legato alle attività dei gesuiti in zona, inizia ad insegnare francese e inglese all’Università “Aurora”. Revisiona anche la traduzione in cinese del Petit Larouss, e in collaborazione con Jean Lefauvre traduce i quattro vangeli e due libri di Daniel Rop: Gesù e il suo tempo e La storia della chiesa di Cristo. Tutto questo si svolge in un clima spirituale piuttosto intenso e favorevole ai cristiani del luogo, che culmina con la nomina di Monsignore Kiung a vescovo di Shanghai. Kiung era stato allievo al collegio gesuita di San Ignazio ed ora era il primo vescovo cinese di questa città. Le celebrazioni da lui presiedute attirarono migliaia di fedeli.
L’atmosfera politica cambia radicalmente a partire del 1951. Le istituzioni cattoliche vengono sequestrate dallo stato o dai “cattolici patrioti”, una dolorosa porzione della chiesa locale scesa a compromessi col governo cinese. Gli ostacoli iniziali gradualmente si trasformano in vera persecuzione: arresti di massa, torture, deportazioni in campi di lavoro, espulsioni ed esecuzioni. Più di 60 gesuiti cinesi di Shanghai vengono imprigionati e quelli di provenienza straniera, circa 500, sono espulsi dal paese. In breve tempo la secolare attività dei gesuiti in Cina viene praticamente annientata. Raguin è espulso dalla Cina nell’agosto del 1953. Il sogno del missionario finiva con un Requiem. Ma questa fine paradossalmente volgerà per Raguin ad un novo inizio.
Nell’autunno del 1953 Raguin si stabilisce nella Residenza Loyola di Taichung a Taiwan, cioè nella “casa degli scrittori”, sede di una equipe di trenta gesuiti (in parte cinesi, in parte di varie nazionalità) che lavoravano ad un dizionario multi-linguistico. L’idea era partita dall’ungherese Eugène Zsamar, secondo cui tale opera avrebbe dovuto contenere circa 16.000 caratteri cinesi tradotti in francese, inglese, spagnolo, ungherese e latino, con esplicazioni di tipo storico, culturale e religioso. Raguin, pochi mesi dopo il suo arrivo, diventa il direttore dell’intera impresa legata a tale dizionario che si protrarrà per decenni. Contemporaneamente si impegna nel lavoro missionario sull’isola. In quel periodo a Taiwan numerose erano le conversioni al cattolicesimo, circa 6.000 all’anno, e Raguin contribuì notevolmente a questa attività della Chiesa attraverso la predicazione, i battesimi e gli aiuti offerti in vari modi alle nuove comunità di fedeli.
Sei anni più tardi, nel 1959, Yves Raguin viene mandato in Vietnam per insegnare nelle università di Saigon (oggi: Ho Chi Minch) e di Da Lat, dove per anni tiene corsi in francese sulla storia della Cina e sul buddhismo. Il soggiorno in Vietnam e i numerosi viaggi compiuti in questo periodo in Cambogia, Filippine, Macao, Corea e Hong Kong, dove tiene gli esercizi e si occupa della direzione spirituale, insieme alla riflessione storica che approfondisce per i suoi corsi universitari, fanno di lui uno dei più competenti e profondi conoscitori dell’Estremo Oriente. Nell’insegnare il buddhismo egli va sempre più sottolineando l’aspetto indico, convinto che tale tradizione religiosa non può essere compresa a pieno senza il suo sfondo induista. Vale la pena di notare che per questo corso il gesuita francese compose un dizionario di 3.000 termini buddhisti. Per lui la spiritualità, la missione, la filologia e la storia formano un tutt’uno.
Nel 1964 Raguin torna alla residenza di Taiwan e due anni più tardi fonda l’Istituto Ricci che nel 1969 viene trasferito da Taichung a Taipei. Il lavoro dell’Istituto era centrato sul dizionario cinese che col passare del tempo assunse il nome di “Dizionario Ricci” (sempre in onore di Matteo Ricci). In precedenza, nel 1976, era uscito Le Petit Ricci, contenente 7000 caratteri con 50.000 significati. L’edizione, per così dire “completa”, chiamata Le Grand Ricci, occupò altri decenni di lavoro. Il dizionario, portato a compimento dal successore di Raguin, Benoit Vermander, è uscito nel 2002, in 7 volumi, 9.000 pagine, 15.000 caratteri e 300.000 significati (cf. www.grandricci.org), senza dubbio un vero monumento culturale.
Pur risiedendo principalmente a Tapei e dirigendo i lavori dell’Istituto Ricci, Raguin continua ad insegnare nelle università, a svolgere il lavoro pastorale, a viaggiare in Asia, in Europa e nell’America del Nord, ed a tenere conferenze in diversi centri e simposi. Fissa le proprie riflessioni sulla carta scrivendo articoli e libri. Col tempo diviene un autore di fama, tradotto e apprezzato in molti paesi. Alcuni dei suoi libri appartengono ormai ai classici della spiritualità contemporanea.
Nella vasta e pressoché cinquantenne produzione letteraria di Raguin si possono evidenziare almeno quattro grandi cerchi tematici, che si intersecano creando un unico opus, coerentemente unificato dalla persona dell’ autore, di cui rispecchia la vita, le esperienze e la spiritualità.
Nel primo cerchio si trovano gli scritti storici e filologici, caratterizzati dal tono accademico e specialistico, come ad esempio Leçons sur Taoïsm (1981), Leçons sur le Buddhism (1982), e soprattutto il suo variopinto contributo alla creazione del grande dizionario della lingua cinese. È ovvio che questi sono i suoi studi di base, i cui frutti hanno continuamente fecondato il suo pensiero e informato diversi suoi scritti. D’altra parte, un forte interesse spirituale e una particolare attenzione alla dimensione interiore segnano le stesse opere strettamente storiche e filologiche. Si potrebbe dire che in lui la grammatica e la contemplazione vanno di pari passo.
Il secondo cerchio riguarda il tema della missione. Qui si collocano il libro Théologie missionnaire de l’Ancient Testament (1947), pubblicato ancora prima della sua partenza per la Cina, e Spiritualità missionaria (1971), vari articoli da lui pubblicati per quasi tutta la vita in Asia su riviste teologiche ed in seguito ripresi e incorporati nei suoi libri. L’aspetto missionario è essenziale per comprendere Raguin. Di fatti lo stesso suo lavoro filologico e storico era mosso da spirito missionario. Secondo lui, per poter veramente arrivare agli altri con il messaggio cristiano, della cui ricchezza, bellezza e unicità Raguin è profondamente convinto, bisogna conoscere e assumere la cultura, la lingua e lo spirito delle persone che si desidera evangelizzare. D’altra parte egli stesso, nello svolgimento della propria opera missionaria, si domanda continuamente che cosa questo significhi: come e perché essere missionario sia in Asia Orientale sia in un mondo sempre di più secolarizzato. Col tempo Raguin ha elaborato una teologia della missione che non deve essere identificata con il colonialismo cristiano: il missionario è da lui visto come un “cattalizzatore”, cioè uno che reagisce seguendo la propria personalità, “mettendo in azione le sue energie, nelle prospettive che poi sono le sue”, e al tempo stesso “rende gli altri capaci di realizzarsi da soli”. Così Raguin con questo metafora rivela la concezione che ha di se stesso e della sua vita in Asia. Afferma: “In chimica un catalizzatore è un corpo che serve a favorire la reazione: non è lui a provocarla, ma senza di lui non avverrebbe o avverrebbe più difficilmente. Il catalizzatore non viene cambiato in modo definitivo e può essere utilizzato e riutilizzato a non finire. Un piccolo quantitativo di catalizzatore può effettuare così la conversione di una grande quantità di sostanza che viene trasformata ed è questa proprietà che rende i catalizzatori quanto mai utili” (Lo spirito sul mondo, Gribaudi 1977, p. 283). Indispensabile per esser un missionario è l’atteggiamento contemplativo, interiore, ossia spirituale.
Di fatti il terzo cerchio riguarda proprio queste tematiche, cioè contemplazione, interiorità e spiritualità. Sono senza dubbio i suoi temi preferiti perché legati a una ricerca ed esperienza personali. Vanno a tale proposito menzionati i libri più belli e significativi di Raguin, come Cammini di contemplazione (1969), La profondità di Dio (1973) e Lo spirito sul mondo (1975), che insieme formano la sua trilogia, a cui bisogna aggiungere Pregare oggi (1971), Maestro e discepolo (1985), La sorgente (1988), Alpha. Omega (1988), e il postumo Vide et plénitude (2005). Volendo sottolineare un caratteristica comune a tutti questi testi, si può ritenere che l’intera proposta spirituale di Raguin sia contenuta nella frase con cui si apre La profondità di Dio: «La nostra epoca ha paura della trascendenza, me è attratta dalla profondità: profondità dell’uomo, profondità dell’universo»; egli, penetrando queste profondità con l’aiuto delle tradizioni cristiana e cinese, incontra la profondità stessa di Dio. I suoi libri testimoniano tale sua ricerca e incoraggiano i lettori ad intraprenderne la via.
Il quarto cerchio riguarda l’incontro o il dialogo del cristianesimo con le correnti religiose asiatiche come induismo, buddhismo, taoismo e confucianesimo. In qualche modo si possono ricondurre a questo cerchio tutti i libri già menzionati e informati di storia, filologia, indagini accademiche, fervore missionario e ricerca interiore. La dimensione della “dialogicità” caratterizza l’intera opera e la vita di Yves Raguin. Egli appartiene a quel gruppo di religiosi cristiani occidentali che tra la prima e la seconda metà del ventesimo secolo sono entrati in contatto con le tradizioni spirituali orientali: possiamo fare i nomi di Thomas Merton, Jules Monchanin, Henri Le Saux, Bede Griffiths, John Main, Hugo Makibi Enomiya Lasalle, Raimon Panikkar, Paul Knitter e Willigis Jäger. Si tratta di uno dei fenomeni più interessanti di quel periodo, accompagnato anche da una vasta produzione letteraria. In questo coro Yves Raguin ha una propria voce che si distingue per semplicità di stile, chiarezza linguistica, solidità del pensiero, competenza nella materia e tranquillità interiore. Ancora oggi leggendo i suoi testi si percepisce la pace: la grandezza dell’Oriente non mette a disagio la sua cristianità, la crisi culturale ed ecclesiale dell’Occidente non lo spaventa gettandolo fra le braccia di tradizioni esotiche, e neanche si dispera se l’Oriente va perdendo le proprie tradizioni. Quest’uomo da una parte naviga con la sua barchetta cristiana sui vasti mari dell’Oriente e, d’altra parte, grazie alle profondità offertegli dal buddismo, dal taosimo e dal confucianesimo, riesce a scoprire nel cristianesimo nuove dimensioni. Scrive: “il cristianesimo, soprattutto nell’ultimo secolo, ha influenzato l’Oriente a un punto tale che non si ha più conoscenza di ciò che sarebbe l’Asia senza influssi cristiani. D’altra parte l’Asia ha segnato l’Occidente in modo forse diverso, ma ugualmente reale: ad esempio, l’influenza dell’India sul pensiero europeo, o più recentemente quella delle correnti spirituali come lo Zen sull’atteggiamento religioso di milioni di persone lontane dal Giappone o dalla Cina. E mentre ci si incomincia a preoccupare del modo in cui vivere ed esprimere il cristianesimo nelle prospettive indiane, cinesi o giapponesi, i buddisti si chiedono che ne sarà del neo-buddismo che si sviluppa nell’Occidente. Si tratta, qui, di casi particolari d’un fenomeno generale di reciproca penetrazione e fecondazione culturale” (La profondità di Dio, Gribaudi 1975, p. 17). Raguin stesso è l’uomo di tale incontro tra queste due grandi tradizioni. In lui, come egli stesso riferisce nel suo ultimo libro, tranquillamente convivono e si arricchiscono reciprocamente il Vuoto (śūnyatā) orientale e la Pienezza (pléroma) cristiana.
Il libro Tao della mistica. Le vie della contemplazione tra Oriente e Occidente, ora pubblicato nella collana Campo dei fiori, possiede una sua storia che brevemente va raccontata. Nel 1976 l’arcivescovo di Taipei, Monsignor Stanislao Luo Guang, chiese ad Yves Raguin di preparare in inglese un corso di ampio respiro sulla contemplazione in Cina e in Occidente per l’appena inaugurato Istituto dell’Estremo Oriente. Il gesuita francese con estrema dedizione preparò e quindi presentò tra 1977 e 1982 il corso che, messo per iscritto, conteneva circa 800 pagine. Solo in seguito, grazie al lavoro editoriale di Dolores Sikat e Kevin Gallagher, il testo di queste lezioni è stato dato alle stampe, e così tra 1993 e 2001 sono usciti quattro volumi dal titolo Ways of Contemplation East and West. Il materiale raccolto in questa pubblicazione rispecchia lo stile parlato ed è segnato dal metodo didattico tipico delle lezioni universitarie. Per la nostra edizione italiana ci siamo permessi qualche ritocco: soprattutto sono state eliminate le ripetizione che di sicuro erano ben apprezzate dagli studenti, ma che risultano non necessarie ai fini delle stampe. Inoltre, per ragioni di spazio, abbiamo escluso da questa pubblicazione il quarto volume, che tratta esclusivamente della spiritualità cinese e ne presenta i principali autori ed opere.
Cosi si è ottenuto un volume coerente e ricchissimo, simile a un labirinto piuttosto esteso, ma anche ben strutturato. L’estensione riguarda soprattutto l’immensità della dimensione spirituale dell’uomo, alla cui penetrazione Raguin gradualmente introduce il lettore. Le sue descrizioni dell’esperienza spirituale sono come il calarsi in un’immensa grotta: nel grembo del cosmo e simultaneamente nella caverna del cuore umano. Questa estensione, per definizione impercettibile, è affiancata dalle testimonianze di grandi personalità che ci hanno preceduto in questa escursione nell’Oriente e nell’Occidente. Nel libro di Raguin, su temi quali trascendenza e immanenza, pienezza e vuoto, preghiera e meditazione, parola e silenzio, parlano sia gli Evangelisti che Confucio, san Paolo e Lao Tsy, sant’Agostino e Zuangzi, Dionigi l’Areopagita e Patañjali, Meister Eckhart e Maestri Zen, san Giovanni della Croce e Huineng. Grazie alla limpidezza dello stile di Raguin tutta questa ricchezza è presentata in modo ben strutturato e senza confusioni. Chi conosce già tali autori e i loro scritti può con diletto seguire le pagini del gesuita francese come se partecipasse a un dialogo fra amici. Chi invece ne sa poco o pressoché nulla, viene progressivamente introdotto ai temi e gradualmente fa la conoscenza dei grandi autori di queste tradizioni mistiche. La lettura di questo volume è un viaggio iniziatico che trasforma il lettore.
Yves Raguin è stato reso noto in Italia nel 1972 da Enzo Bianchi, che per Gribaudi ha tradotto Cammini di contemplazione. In seguito, i libri spirituali di questo straordinario gesuita francese sono apparsi in Italia per circa vent’anni e sono stati sempre molto apprezzati. Ora, in un clima ben diverso in cui si trovano sia l’Italia che la Cina, la collana Campo dei fiori riprende questa tradizione, ben consapevole che il dialogo tra Oriente e Occidente è una delle caratteristiche più significative delle nostra epoca.
©Maciej Bielawski (2013)