Pensieri sull'icona
L’icona viene dal cielo, cielo che spazia anche nel cuore umano: c’è il cielo dei cieli e c’è il cielo del cuore. Anche se l’icona promana da questi due cieli, attinge a vari elementi del mondo, dai colori ai gessi, dai legni alle colle e alle vernici. Questo fatto ci permette di parlare anche del cielo di questo mondo, che esiste insieme al cielo dei cieli e al cielo del cuore. |
Quando sulle icone cade la luce della fede, le forme geometriche e le macchie dei
colori diventano dogmi dipinti, racconti sulla salvezza e finestre aperte sull’eternità.
Nell’icona c’è qualcosa di alchimistico, di misterioso, allorché lo spirito si
mescola con la materia: la materia si spiritualizza, lo spirito si incarna e
l'uomo si trasforma.
Le icone, sacramenti della presenza dell’Invisibile, trovano nei templi i loro luoghi per eccellenza. I templi, in cui si svolgono i riti, le icone non solo si contemplano, al loro cospetto ci si inginocchia, le si incensa e decora con fiori, le si tocca con le mani e bacia, le si porta in processione. Le icone hanno persino le loro feste. Le icone vivono nei templi e durante i riti danzano come ballerini nel teatro e, inducendo i partecipanti dentro le loro storie, li avvolgono nei loro misteri e conducono al trono dell’Invisibile.
A volte, qualche icona, si sceglie una casa dove risiedere e prender parte alla liturgia della vita quotidiana: ai risvegli e al coricarsi per la notte, a partenze e ritorni, alla condivisione della mensa e ai giochi, a momenti di felicità e di disperazione, agli amori e alle sofferenze, alle nascite e morti. Sembra che l’icona osservi tutto ciò da spettatrice, ma può accadere che gli abitanti si accorgano che, di fatto, tutta la loro vita gira intorno all’icona. Lei, discretamente, benedice lo svolgersi di tutto con la sua presenza.
È successo che le icone, uscite dai templi, si siano trovate nei musei. Forse non sono piaciute le rigide dottrine delle precedenti dimore e i riti troppo formalizzati? Forse che, distrutti i templi, le icone, superstiti delle stragi, abbiano trovato rifugio nei musei? Forse che le icone, troppe, oscurassero l'Invisibile? O forse, semplicemente, volevano vedere un po’il mondo? Non siamo in grado di rispondere a queste domande. Rimane il fatto che oggi molte icone risiedono nei musei, appaiono nelle aste e diventano oggetti di commercio. Come si sentono in questo ruolo? Come pesci nell’acquario, come uccelli in gabbia, come gazzelle nello zoo. Anche se questo è forse meglio che finire nelle fiamme per scaldare qualche angolo, sotto la gamba di un tavolo storto o come scudo per le pallottole di tiratori folli.
Nel museo entrerà una persona con il cielo nel cuore, cioè il pellegrino dell’Invisibile. Ai suoi occhi, l'icona risplenderà come il volto di un amico che si rivede dopo molto tempo. Così, di nuovo, l’icona diviene la porta del cielo. Inizia il ballo e volteggiando penetra nel cuore del pellegrino che si fa tempio, dove si svolge il culto spirituale con processioni, incensi e prostrazioni. Collocata nel tempio del cuore, l’icona esce col pellegrino sulle strade del mondo e ovunque lui guardi vede il cielo, ovunque appoggi il piede il cielo si fa presente. L’icona non solo cade dal cielo, ma anche porta al cielo dei cieli, al cielo del cuore e al cielo del mondo.
© MaciejBielawski ( 2008)
Le icone, sacramenti della presenza dell’Invisibile, trovano nei templi i loro luoghi per eccellenza. I templi, in cui si svolgono i riti, le icone non solo si contemplano, al loro cospetto ci si inginocchia, le si incensa e decora con fiori, le si tocca con le mani e bacia, le si porta in processione. Le icone hanno persino le loro feste. Le icone vivono nei templi e durante i riti danzano come ballerini nel teatro e, inducendo i partecipanti dentro le loro storie, li avvolgono nei loro misteri e conducono al trono dell’Invisibile.
A volte, qualche icona, si sceglie una casa dove risiedere e prender parte alla liturgia della vita quotidiana: ai risvegli e al coricarsi per la notte, a partenze e ritorni, alla condivisione della mensa e ai giochi, a momenti di felicità e di disperazione, agli amori e alle sofferenze, alle nascite e morti. Sembra che l’icona osservi tutto ciò da spettatrice, ma può accadere che gli abitanti si accorgano che, di fatto, tutta la loro vita gira intorno all’icona. Lei, discretamente, benedice lo svolgersi di tutto con la sua presenza.
È successo che le icone, uscite dai templi, si siano trovate nei musei. Forse non sono piaciute le rigide dottrine delle precedenti dimore e i riti troppo formalizzati? Forse che, distrutti i templi, le icone, superstiti delle stragi, abbiano trovato rifugio nei musei? Forse che le icone, troppe, oscurassero l'Invisibile? O forse, semplicemente, volevano vedere un po’il mondo? Non siamo in grado di rispondere a queste domande. Rimane il fatto che oggi molte icone risiedono nei musei, appaiono nelle aste e diventano oggetti di commercio. Come si sentono in questo ruolo? Come pesci nell’acquario, come uccelli in gabbia, come gazzelle nello zoo. Anche se questo è forse meglio che finire nelle fiamme per scaldare qualche angolo, sotto la gamba di un tavolo storto o come scudo per le pallottole di tiratori folli.
Nel museo entrerà una persona con il cielo nel cuore, cioè il pellegrino dell’Invisibile. Ai suoi occhi, l'icona risplenderà come il volto di un amico che si rivede dopo molto tempo. Così, di nuovo, l’icona diviene la porta del cielo. Inizia il ballo e volteggiando penetra nel cuore del pellegrino che si fa tempio, dove si svolge il culto spirituale con processioni, incensi e prostrazioni. Collocata nel tempio del cuore, l’icona esce col pellegrino sulle strade del mondo e ovunque lui guardi vede il cielo, ovunque appoggi il piede il cielo si fa presente. L’icona non solo cade dal cielo, ma anche porta al cielo dei cieli, al cielo del cuore e al cielo del mondo.
© MaciejBielawski ( 2008)