Padre Olivier Raquez (1923-2012)
Pur aver vissuto da vicino e per anni con una persona così che sembra che si sa di lei “tutto” e quando tutto sembra “ovvio”, in un momento arriva la domanda: ma veramente chi è questa persona? Da dove viene? Come è arrivata ad essere qui e ad essere così? Che cosa veramente porta in cuore? E dietro le apparenze, dietro le parole, quale messaggio veramente porta con sé quando entra nella mia stanza o quando appare di fronte a me sulla strada? E quando s’incomincia a pensare di più, spesso si arriva ad una conclusione che dice: veramente so poco o quasi niente di concreto.
Così è con Padre Oliver Raquez – in certi ambienti tutti lo conoscono, tutti si ricordano di lui, tutti sono abituati al suo modo di apparire e di essere. Dicono per esempio: “A si, è questo piccolo e magro, con la barba lunga e bianca”. Ogni tanto, dopo un incontro con Padre Olivier, quando questo ha già lasciato la stanza, uno chiede a sottovoce un suo vicino: “Ma chi è questo? Lo vedo da tanto tempo qui e qua. È uno Spagnolo? (pensano così a causa del suo cognome). È un monaco di Chevetogne?” Certi venendo per le celebrazioni liturgiche in Collegio Greco, e vedendolo celebrare, dicevano “Un Greco!” Ma diciamo subito: Non è uno Spagnolo! Non è un monaco di Chevetogne! Non è un Greco! Lui stesso dice: “Sono vecchio come le strade di Roma” – ma non è un Romano! Ma veramente chi è?
Così è con Padre Oliver Raquez – in certi ambienti tutti lo conoscono, tutti si ricordano di lui, tutti sono abituati al suo modo di apparire e di essere. Dicono per esempio: “A si, è questo piccolo e magro, con la barba lunga e bianca”. Ogni tanto, dopo un incontro con Padre Olivier, quando questo ha già lasciato la stanza, uno chiede a sottovoce un suo vicino: “Ma chi è questo? Lo vedo da tanto tempo qui e qua. È uno Spagnolo? (pensano così a causa del suo cognome). È un monaco di Chevetogne?” Certi venendo per le celebrazioni liturgiche in Collegio Greco, e vedendolo celebrare, dicevano “Un Greco!” Ma diciamo subito: Non è uno Spagnolo! Non è un monaco di Chevetogne! Non è un Greco! Lui stesso dice: “Sono vecchio come le strade di Roma” – ma non è un Romano! Ma veramente chi è?
Patria
Tanto per cominciare diciamo le cose che di solito si aspetta all’una simile introduzione. Allora Jacques Georges Octave Raquez è nato il 10 aprile 1923 a Bruxelles. I suoi genitori: la madre Valentine Flanneau (1890-1980) e il padre Léon Raquez (1883-1968) che aveva una formazione giuridica di un avvocato ma era piuttosto un uomo d’affari, avevano una figlia Marcelle (nata 1913) e tre figli Etienne (nato 1918), già sopra menzionato Jacques e Serge (nato 1925). La famiglia era piuttosto ben stante e poteva vantarsi anche di una passato recente abbastanza riuscito (due nonni di Jacques per esempio erano gli architetti di fama mondiale). Tutto questo portava con se uno certo spirito, una certa dimensione che non rimarrà senza significato o influsso nella vita di Jacques.
Ma come lui stesso era ed è sempre abbastanza discreto riguardo alle sue origini, anche noi ci soffermiamo qui. Si potrebbe forse aggiungere qualcosa sullo spirito dei Belgi e di Bruxelles, o sul periodo storico in quale Jacques Raquez è nato e in qual è cresciuto, ma si rischierebbe di cadere nella noiosa retorica di una biografia o peggio, di un panegirico, che non è il nostro scopo. Allora basta di ricordare queste poche informazioni sulla famiglia, come anche questo che la città era Bruxelles, la lingua era francese e che era il periodo tra la prima a e la seconda guerra mondiale. Ai futuri storici lasciamo di elaborare delle descrizioni più ampie e più approfondite.
Monastero
Dopo il tempo della crescita e della gioventù, che si potrebbe caratterizzare come “normale”, dopo aver ricevuto anche “normali” rudimenti di educazione, Jacques è entrato nel monastero benedettino di Sant André vicino Brugge. Lui stesso dice che è entrato a causa del suo “spirito di contraddizione” perché poco prima di questa decisione ha partecipato in un ritiro per i giovani (fatto dai benedettini) dove si parlava tanto sul matrimonio e sulla vita famigliare che lui ha deciso di farsi monaco. Probabilmente in tutto questo era qualcosa di più, ma lasciamoci di credere anche in questa storia, che non svela niente di più, né di meno, riguardo al mistero della vocazione. Ma bisogna ricordare che i benedettini erano in questo tempo, e soprattutto in Belgio, se non una forza, almeno avevano una presenza molto forte sia nella società del paese, sia nella Chiesa. Significativi ed influenti erano le abbazie come Maredsous, Mont Cesare o Saint André e i monaci benedettini giocavano, pur bene, i ruoli dei protagonisti sui diversi campi.
Jacques è entrato nel monastero di Saint André. Le origini di quest’abbazia risalgono all’epoca medievale (da quest’epoca proviene il nome Zeverkerken – sette chiese). Durante l’epoca della Rivoluzione la vita del monastero è stata interrotta e ripresa alla fine del secolo XIX e all’inizio del secolo XX con una nuova, con il tempo sempre l’ampliata, costruzione degli edifici. In questo monastero s’incontravano: spiritualità monastico, la vita liturgica assai intensiva con un’apertura pastorale (basta di menzionare soltanto il “Messale” di Lefevre), l’attività educativa (la scuola con il pensionato assai apprezzata) e un impegno missionario (Saint André aveva le case in Brasile, Congo, India, Cina). Lo spirito del monastero si potrebbe caratterizzare come “aperto”. Il governo, nel periodo che qui è preso in considerazione, stava nelle mani dell’abate Teodore Nève de Mevergnies (+1963 ?)[1].
In questo contesto è entrato e in questo contesto è stato formato Jacques Raquez che con la presa dell’abito ha cambiato il nome, diventando Olivier (da sant’Olivier….). Ancora una volta si potrebbe dire che in seguito tutto è andato quasi “normale”: noviziato, studi, professione (10.08.1943). Unica interruzione più grave è stata causata dalla guerra che ha portato con se diverse difficoltà, come per esempio lo spostamento del noviziato in un altro monastero (femminile! – un fatto ogni tanto ricordato da Padre Olivier con umorismo). La formazione in teologia e nello stile della vita era quella che era in quest’epoca. Il monaco Olivier non aveva la barba, portava i capelli corti con una “corona” e un abito benedettino nero “classico”. Sembra che in quest’osservanza era assai premuroso ed esemplare, perché quasi subito dopo l’ordinazione sacerdotale (31.07.1949) è diventato vice - maestro dei novizi (1950-1954). Si potrebbe forse affermare che questi anni nel monastero di Sant André hanno seminato nella persona di Padre Olivier certi “germi” che col tempo si sono sviluppati: (1) un lavoro formativo e educativo con i giovani, (2) importanza o centralità della liturgia per la vita cristiana, (3) uno spirito “missionario” o di servizio che è necessario per poter portare l’annuncio del Vangelo agli altri.
Ma forse molto di più o soprattutto si dovrebbe rilevare una profonda dimensione monastica che segna la sua vita. Lui stesso ogni tanto scherza dicendo: “Sono un monaco, dovrei vivere in silenzio, invece dalla mattina fino alla notte parlo senza sosta”. Ed è vero, ma non il silenzio – per fortuna - fa il monaco. Qui pure non è il luogo per rilevare o giustificare “le virtù monastiche” di Padre Olivier o il suo servizio svolto per i monasteri e per i monaci per più che mezzo secolo (e sarebbe tanto da dire). Saltiamo allora subito ai libri e agli articoli. Perché se si guarda la sua biblioteca – mostrami tuoi libri e ti dirò chi sei! – si trova soprattutto le opere dei Padri della Chiesa e testi monastici. Di solito andando nei diversi uffici o banche, dove si deve ogni tanto aspettare a lungo, porta con se per esempio la Filocalia o le Catechesi di Cirillo di Gerusalemme.
Qui si deve anche subito menzionare certi scritti legati col monachesimo composti da Padre Olivier. All’inizio degli anni sessanta, dopo aver anche compiuto certi viaggi, ha scritto sui monasteri copti dell’Egitto, come anche sul Monte Athos e Meteora[2]. Vent’anni dopo, a causa dell’anniversario del 1500 anno di nascita di San Benedetto celebrato in tutta la Chiesa, ha scritto una serie degli articoli che riguardano la presenza di San Benedetto nella tradizione dell’Oriente Cristiano[3]. Grazie anche alla sua iniziativa e con le sue introduzioni è stata pubblicata l’ufficiatura bizantina in onore del Patriarca dei monaci d’Occidente nelle versioni greche, italiana e francese[4]. Era anche lui che per anni ha portato avanti la causa della beatificazione di Columba Marmion OSB. Sembrava giusto, anche in questa raccolta degli scritti di Padre Olivier, lasciare uno spazio per una dimensione monastica assai essenziale ed importante sia per la sua vita, sia come testimonianza dei suoi interessi intellettuali.
Collegio Greco
Sarebbe forse difficile di spiegare “il perché”, ma nel 1954 quando è terminato il servizio di Padre Raquez come vice – maestro di novizi nel suo monastero, lui è stato mandato “per un anno” come padre spirituale nel Collegio Greco. Il suo soggiorno nel Collegio greco da “un anno” si è esteso a quarant’anni durante i quali Padre Olivier erano in seguito padre spirituale (1954-63), Vice - Rettore (1963-67) e Rettore (1967-1995). Nell’autunno del 1995 ha passato al Collego Pio Romeno in Gianicolo diventando e servendo anche lì come Rettore. Questi sono i dati o le cifre, ma che cosa sono veramente i quarant’anni passati in un Collegio come questo Greco a Roma? Di fatti ci vuole almeno una breve spiegazione.
Pontificio Collegio Greco di S. Atanasio sulla Via del Babbuino a Roma è, da un certo punto di vista, una delle istituzioni più venerabili della Città, è una faccenda, è una ricca tradizione che abbraccia più di 400 anni[5]. Durante questi secoli il Collegio Greco era il posto della formazione del clero orientale delle diverse provenienze (soprattutto dalle Chiese dell’Europa Orientale e del Medio Oriente). Come un’istituzione di questo tipo, che poi dura lungo i secoli, il Collegio Greco possiede un prezioso archivio ed una ricca biblioteca (basta di pensare della presenza in questa casa dei libri di L. Allaci o di G. Schirò). È anche un luogo dove da secoli Oriente ed Occidente cristiano s’incontrano in diversi modi e dove alla città di Roma è offerta una liturgia bizantina.
Dall 1897 questo Collegio è stato affidato dai Papi alla cura dei monaci benedettini e nel campo dei contatti con l’Oriente Cristiano hanno scritto un capitolo apparentato e assai prezioso nella storia della Chiesa[6]. Quando Padre Olivier è arrivato in Collegio la sua direzione stava nelle mani di Padre Benedikt Becker di Maredsous (già ottavo rettore benedettino), seguito poi dai due monaci di Chevetogne: Padre Pierre Dumont (1956-1962) e Padre Emanuelle Lanne (1963-1967) e da Padre Raquez che ha guidato quest’istituzione per non di meno che 27 anni.
Certamente sarebbe da scrivere tutta la storia che racconterebbe gli avvenimenti di questo periodo e che potrebbe abbracciare diverse dimensioni (gli studenti, le celebrazioni liturgiche, gli avvenimenti culturali, la biblioteca, il restauro della chiesa di S. Atanasio, l’arte e l’iconografia, etc), ma questo spetta agli storici. Noi segnaliamo soltanto questo che si riflette negli scritti di Padre Raquez. Una di prime delle sue pubblicazioni in assoluto parla dei benedettini e del Collegio Greco[7], seguito poi da uno studio molto più ampio sulle tradizioni liturgiche nel Collegio Greco[8]. Non di meno interessante è un articolo che presenta i ritratti raccolti nel Collegio[9]. A causa delle celebrazioni del IV° centenario del Collegio Greco sono apparse diversi suoi articoli che raccolgono un materiale valido e presentano la vita e la missione del Collegio Greco in una prospettiva che unisce il passato, il presente e il futuro[10]. Ancora negli anni ottanta è apparso un suo studio di carattere piuttosto storico sul Collegio[11] e più recentemente una breve ma precisa nota enciclopedica[12]. Un simile atteggiamento ed una simile testimonianza è possibile da notare attraverso gli scritti anche durante sua attività negli ultimi anni da Rettore nel Collegio Romeno[13].
Rimane interessante da notare che nel caso d’Olivier Raquez abbiamo a che fare non soltanto con la vita legata con il Collegio Greco per decenni, ma anche con le sue testimonianze scritte estese per ben 40 anni che toccano la realtà di questa casa dai diversi punti di vista: monastico, liturgico, formativo, storico e artistico. Questa “pluriformità” che indica la varietà degli interessi e un’indiscutibile sia ricchezza, sia energia di vita. Si dovrebbe pure affermare che tutti questi scritti, soprattutto a causa della sua estensione nel tempo, mostrano una fedeltà ad una realtà e nonostante ciò tutti questi scritti sono occasionali, scritti a causa della necessità del momento. Non sono un frutto di un lungo o ben pensato progetto di un ricercatore scientifico – sono le tracce che segnano un cammino dando una testimonianza.
Roma
Sarebbe quasi impossibile di designare il ritratto di Padre Raquez senza mettere come lo sfondo il panorama di Roma – soprattutto quando il quadro è dipinto non con il colore ma con le parole[14]. La parola “Roma” richiama in questo contesto i diversi significati o dimensioni come per esempio: il centro importante della Chiesa cattolica, il posto importante per la cristianità e per la cultura, la costellazione degli uffici del Vaticano, Collegi, Università, simposi, incontri, convergenze di tantissime provenienze. La vita d’Olivier Raquez passata in maggioranza proprio in questi contesti romani è stata da loro segnata, ma anche lui ha segnato questi ambienti.
Innanzi tutta l’attività di Padre Raquez si inserisce in una lunga lista delle persone che di più o di meno direttamente hanno avuto un influsso sulla ripresa di coscienza dell’importanza dei valori dell’Oriente Cristiano nell’insieme ecclesiale. Certamente si dovrebbe almeno menzionare qui almeno i Papi che si sono impegnati recentemente riguardo all’Oriente Cristiano, come: Leone XIII, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII o Giovanni Paolo II – l’attività di questi tre ultimi Olivier Raquez ha potuto seguire da vicino. Poi si dovrebbe menzionare l’attività del Pontificio Istituto Orientale dove nei primi anni del suo soggiorno a Roma lui frequentava i corsi e poi apprezzava l’attività teologica di I. Hausherr, T. Spidlik, J. Mateos, M. Arranz o R. Taft. Certamente si dovrebbe almeno menzionare la Congregazione per le Chiese Orientali con i suoi segretari o prefetti, incominciando con il cardinale Eugenio Tisserant fino all’attuale cardinale prefetto Achille Silvestrini, con i quali Padre Raquez ha collaborato lungo decenni prestando generosamente il suo servizio.
Ma poi si dovrebbe sottolineare un influsso assai importante e notevole sulla sua attività e sui suoi concetti teologici delle persone da lui conosciute ed apprezzate come: Cirillo Korolevsky (Jean-François-Joseph Charon), Placide de Meester, Lambert Beauduin, i già menzionati Pierre Dumont ed Emanuelle Lanne ed Olivier Rousseau. La lista potrebbe e forse dovrebbe essere molto più lunga e accanto d’ogni nome si dovrebbe menzionare i meriti e le idee che hanno lungo gli anni contribuiti alla crescita dell’apprezzamento dei valori dell’Oriente Cristiano nel contesto romano e in tutta la Chiesa Cattolica. Ma questo richiederebbe uno studio assai dettagliato e lungo che forse qualcuno farà in futuro. In questo momento basta di affermare che l’orizzonte teologico e l’impegno d’Olivier Raquez per l’Oriente Cristiano si colloca nel contesto elaborato da questi – richiamati qui simbolicamente – personaggi (papi, cardinali, teologi). In altre parole si è svolto pienamente nel contesto ecclesiale e come il servizio per la Chiesa. Un riflesso o certe tracce di questo inserimento dentro un contesto ecclesiastico romano possiamo ritrovare in certi scritti di Padre Olivier[15].
Il Vaticano Secondo Padre Raquez ha vissuto ha Roma e da vicino (certe commissioni si radunavano proprio nel Collegio Greco). L’insegnamento del Concilio sulla centralità della liturgia, sulle Chiese Orientali Cattoliche e sull’ecumenismo che da una parte verbalizzava questo che già dalla sua parte era sperimentato e vissuto, ma d’altra parte dava un sostegno, un punto di riferimento, un’indicazione che bisognava seguire. Due o tre interventi scritti riguardo alla liturgia o al dialogo ecumenico segnano questo interesse o preoccupazione di Padre Olivier[16]. Certe idee o espressioni del Concilio sono diventati “i suoi”, come per esempio quello dell’inizio del Decreto sulle Chiese Orientali Cattoliche che afferma che: “In esse, infatti, poiché sono illustri per veneranda antichità, risplende la tradizione che deriva dagli apostoli attraverso i padri e che costituisce parte del patrimonio divinamente rivelato e indiviso della chiesa universale” (EO 1). Come anche la convinzione o il desiderio di questo Concilio che le Chiese Orientali Cattoliche sono testimoni di questa tradizione “fioriscano e assolvano con nuovo vigore apostolico la missione loro affidata” (Ibidem) è diventato un motivo principale della sua vita. Di fatti nella prospettiva di queste frasi si potrebbe leggere quasi tutta la vita di questo monaco e suo servizio nella Chiesa. (aggiungere forse il suo testo dell’inizio dell’articolo sul Natale).
Guardando i suoi scritti a questo proposito qualcuno potrebbe affermare che tutto questo è poco e di fatti così risulta dal punto di vista delle pagine scritte. Ma qui di nuovo bisogna affermare che nel caso di Padre Raquez non abbiamo a che fare con “un teologo” che produce i trattati o commenti ai documenti ecclesiali o che fa le scoperte scientifiche, ma un pastore, un “pratico” che mette le cose in funzione/moto e soltanto quando è opportuno o necessario di parlarne, si mette a scrivere. D’altra parte questi scritti segnano cammino di un uomo in una concreta epoca della Chiesa che è questa del post – Concilio.
Il tempo intorno al Concilio si potrebbe caratterizzare come la riscoperta in forum officiale dei valori dell’Oriente Cristiano (la sua teologia, la sua liturgia e spiritualità, la sua lex propria) come complementari alle tradizioni occidentali. In questo tempo si pensa che anche Padre Raquez ha scoperto questi valori “per sé” ed a sperimentato la loro bellezza ed importanza. E queste scoperte ha cercato approfondire e trasmettere agli altri (almeno scrivendo qualcosa). I decenni che seguivano erano caratterizzati, sia nella vita della Chiesa sia nella vita di Olivier Raquez, da un impegno per le Chiese Orientali Cattoliche perché riscoprono la loro identità e perché ripristinano i suoi tesori al tutto universo cristiano. Per questo in un modo assai tenace insisteva nel suo insegnamento e nei suoi scritti sulla fedeltà alle indicazioni conciliari riguardo alle Chiese Orientali Cattoliche e sull’applicazione dell’insegnamento conciliare prolungato nella legislazione di ultimo decennio[17]. Si potrebbe quasi affermare che Padre Olivier è diventato un vero protagonista e “porta voce” di queste idee sia nel contesto romano, sia nell’ambito di tutte le Chiese Orientali Cattoliche.
Parlando del ritratto di quest’uomo rifletto nei suoi scritti bisogna in questa occasione dire almeno una parola riguardo ai suoi “scritti” che non si può vedere, ma che hanno divorato forse la maggior parte del suo tempo passato dietro la scrivania. Penso alle sue lettere scritte ai diversi Dicasteri di Curia, ai superiori dei seminari e delle università, ai vescovi, numerosissime contributi fatti come consultore o semplicemente le lettere di cortesia, di domanda, di ringraziamento. Se un giorno qualcuno potrebbe almeno dare un’evidenza di loro o di pubblicare, uscirebbe un volume grosso (o forse grossissimo). Sembrava giusto almeno di menzionare questa dimensione perché in un certo modo completano le linee del ritratto che qui cerchiamo di disegnare.
Liturgia
Non c’è nessun dubbio che la persona di Olivier Raquez è associata con la liturgia in un modo speciale. Chi dice “Raquez”, quasi subito deve dire “liturgia orientale” a Roma, e chi a Roma dice “liturgia orientale” subito deve dire “Padre Raquez”. In questo campo lui è diventato certamente un’autorità o quasi un’istituzione in persona. Per questo il volume qui presentato contiene in maggioranza i suoi scritti legati in uno o in un altro modo con la liturgia. E si deve affermare che la liturgia sta nel centro del suo pensiero e della sua vita. Ma questo legame Raquez – liturgia possiede diversi aspetti che qui va bene di riportare.
Soprattutto lui stesso è un liturgo. Chi vorrebbe veramente conoscerlo o conoscere gli aspetti che non si vedono forse quando lo si incontra qui o là, dovrebbe vederlo durante una preghiera liturgica presieduta da lui. Lo spazio liturgico, la bellezza e il colore dell’ambiente e del vestito, il canto e la parola, la luce delle candele e l’incenso sono le dimensioni dentro i quali Padre Olivier veramente incomincia a esistere, dove scopre una dimensione forse più profonda del suo volto. Certamente dietro questo atteggiamento sta una convinzione che la liturgia, tanto per ripetere una cosa ovvia ma in questo caso veramente appropriata e legata con la persona, è “fons et culmen” della vita cristiana. Sembra pure che nella luce di questa convinzione si può leggere tutta la sua attività. Il Rettore di un Collegio è per lui un liturgo o un mystagogo che tutta la vita della casa organizza in tale modo che gli studenti sono introdotti nella celebrazione dei Divini Misteri. La formazione dovrebbe funzionare anche in tale modo che i seminaristi potrebbero essere introdotti nella vita liturgica e poi dalla liturgia stessa formati.
È meglio affermare che Padre Raquez è soprattutto un liturgo e non soltanto un liturgista. Dicendo questo si vuole mettere in rilievo il suo interesse diretto per la celebrazione e per l’esperienza mediata attraverso la preghiera liturgica, e non soltanto un desiderio di conoscere o di scrivere sulla liturgia. Certamente lui stesso ha studiato moltissimo, conosce tanto ed ha scritto “qualcosa” sulla liturgia. Ma tutto questo – studiare e scrivere sulla liturgia – è nella funzione della retta celebrazione liturgica e nella giusta comprensione della liturgia da parte di partecipanti. Per questo i suoi scritti non sono “originali” in senso che portassero con sé le scoperte copernicane. Sono le pagine scritte con lo scopo pratico, pastorale, parenetico. Da una parte si trovano in questi scritti le spiegazioni delle basi teologiche, testuali, rituali delle cerimonie della liturgia bizantina. D’altra parte, come spesso si appoggiano sulle migliori ricerche degli liturgisti e sul contatto diretto con le fonti (testi liturgici e typika) sono un ottimo materiale divulgativo in migliore senso della parola.
Per più che 40 anni Olivier Raquez ha celebrato, ha studiato, ha insegnato ed ha scritto sulla liturgia. Soltanto per dare un orientamento in questi scritti si può evidenziare certi campi d’interesse. E così si vede che nei suoi primi scritti sulla liturgia, che risalgono all’inizio degli anni sessanta, Padre Olivier con la predilezione si occupano dei diversi aspetti della Divina Liturgia (Eucaristia) e questo interesse segnato nelle pubblicazioni si ritrova ancora venti, trenta e più anni dopo. Poi ancora negli anni sessanta ma soprattutto negli anni settanta e ottanta sono stati pubblicati da parte sua i numerosi articoli sulle diverse feste celebrate nel rito bizantino come anche sui diversi periodi dell’anno liturgico bizantino. Così che di fatti nell’arco di più che trent’anni lui ha commentato nei suoi scritti quasi tutto l’anno liturgico dall’Esaltazione della santa Croce alla Festa della Trasfigurazione, e dalla preparazione al Natale fino alla festa di Tutti i Santi. Tutto questo è accompagnato anche dalle pagine che descrivono i diverse parti dello spazio liturgico e diversi elementi inclusi nella celebrazione come per esempio i vestiti con la loro simbologia e le icone. Non mancano ovviamente gli articoli sugli altri momenti o dimensioni delle celebrazioni come per esempio lo scambio della pace, la confessione della fede o ruolo del diacono. E poi sono gli scritti che in diversi modi toccano questo che ogni tanto oggi è chiamato “la liturgia delle ore” del rito bizantino che trova il suo coronamento nella pubblicazione di quattro volumi dell’Anthologion, un opera gigantesca e preziosa, tradotta da Suor Maria Benedetta Articoli e stampata grazie al lavoro della casa editrice Lipa (Centro Aletti), ma che senza appoggio, consiglio e lavoro redazionale di Padre Raquez probabilmente non sarebbe stato mai portato alla fine e stampato. Insomma, nel caso di questo liturgo e la sua attività letteraria abbiamo a che fare con un corpus degli scritti che abbraccia tantissimi momenti e dimensioni della liturgia bizantina. Un’idea e una testimonianza di queste dimensioni spera di dare questo volume che porta con se pure l’elenco più o meno completo della bibliografia del Olivier Raquez, alla quale rinviamo un lettore più interessato nella materia e desideroso di approfondire gli aspetti della liturgia bizantina sotto la guida di questo liturgo.
Parlando della dimensione liturgica degli scritti e della vita di Padre Olivier si deve rilevare o ricordare ancora una dimensione di più. È questa di un insegnante. Di fatti di nuovo si deve affermare che quasi per quarant’anni lui ha insegnato la liturgia ogni anno e ogni semestre dal Collegio Greco alla Gregoriana, dal Laterano al Sant’Anselmo e altrove. Tutto questo vuol dire: centinaia d’ore di studio, di preparazione e d’insegnamento e l’influsso su centinaia degli studenti. Qui si può fare una nota: rimangono le dispense di Padre Raquez che, per sé interessantissime, molto ricche originali, aspettano una futura redazione e stampa che potrebbe completare il libro qui proposto ed essere molto utili per i professori e per gli studenti della liturgia.
Pedagogo
Nella sua gioventù Padre Olivier è stato in un certo modo impressionato dalla lettura dei Dialoghi di Platone. Non tanto dal platonismo che dal metodo in quale uno cresce nella scoperta e nella comprensione della verità che succede durante l’incontro, durante un dialogo, quando si parla, e anche perché uno ascoltando e parlando può in un certo modo aiutare un altro di capire, di diventare se stesso. E a queste ispirazioni del metodo di Socrate che risale probabilmente l’arte di Padre Raquez di incontrarsi, di parlare e pure di ascoltare. Penso che ha passato ore e ore infinite della sua vita parlando ed ascoltando la gente (soprattutto gli studenti dei Collegi da lui guidati, ma non soltanto). Attraverso questo suo parlare ed ascoltare, o forse attraverso tutto il suo stile di vita (perché è una persona o piuttosto personalità/personaggio con lo stile), che è un pedagogo, uno che accompagna o “uno che guida i fanciulli” seconda l’origine greca della parola (paidoj agwgoj). Quante persone sono stati accompagnati da lui non soltanto al sacerdozio (o episcopato!), ma anche ad una maturità umana e cristiana. Sarebbe forse da scrivere tutto lo studio su questo “metodo” che è così difficile da verbalizzare ma che funziona e porta i frutti. O forse i suoi discepoli dovrebbero un giorno scrivere “le memorie” da quali uscirebbe un profilo di un gran pedagogo – a modo suo certamente.
Lui stesso poco di tutto questo ha parlato e parla. Poco anche ha scritto a questo proposito rispetto l’esperienza che ha[18]. E si potrebbe aspettare che questo pedagogo si spiega, che mostra i principi, le regole e modi di procedere per raggiungere lo scopo educativo. Niente di questo – rimane soltanto la vita, l’esempio, l’esperienza, la gente che ha cresciuto, che ha portato e porta i frutti di questo “metodo” o piuttosto stile di vita che genera la vita. E questo forse rimane lo “scritto” più importante, scritto nei cuori degli altri che portano questo irriducibile alle parole “qualcosa”. Sarebbe sbagliato o troppo patetico di parafrasare adesso e in questo proposito le parole di Paolo e mettendole nella bocca di Padre Olivier che dice a tutti i suoi discepoli? “Il nostro libro siete voi, libro scritto nei nostri cuori, conosciuto e letto da tutti gli uomini. E noto, infatti, che voi siete un libro di Cristo composto da noi, scritto non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non sulla carta, ma sulle pagine di carne dei vostri cuori” (cf. 2 Cor 3, 2-3).
Alcuni anni fa Padre Olivier Raquez ha lasciato Roma ed è tornato nel suo monastero di Sant’Andrea vicino Brugge, dove si è spento alle due di notte il 14 dicembre 2012.
P.S. Questo saggi è stato scritto per la raccolta dei scritti di Olivier Raquez che ho preparato e pubblicato sotto il titolo Roma Orientalis (Lipa, Roma 2000).
Note:
[1] Cf. Storia del monastero.
[2] Cf. O. Raquez, Un Millénaire au Mont-Athos, in Cahiers de Saint-André, mars-avril 1961, 4-9; Id., Pellegrinaggio attraverso l’Oriente Monastico I. I monasteri Copti del deserto del Wadi-Natrum, in S. Atanasio 3 (1962) 21-26; Id., Pellegrinaggio attraverso l’oriente monastico II. Le Meteora, in S. Atanasio 1 (1963) 9-13.
[3] Cf. Id., L’immagine di San Benedetto nei libri liturgici greci, in AA. VV., San Benedetto e l’Oriente Cristiano, Novalesa 1981, 185-202; Id., Saint Benoit dans la tradition oriental, in Sanctifier 1 (1980) 1-7.
[4] Cf. Id., Ufficiature greche in onore di San Benedetto. Introduzione, Novalesa 1980, 3-8; Id., Office byzantins ? en l’honneur de saint Benoit de Nursie. Introduction, Cureglia 1981, 5-20.
[5] Cf. A. Fyrigos (ed.), Il Collegio Greco di Roma, Roma 1983.
[6] Cf. O. Rousseau, I benedettini e l’unità cristiana, in C. Boyer (ed.), Il problema ecumenico oggi, Brescia 1960, 523-544.
[7] Cf. O. Raquez, Les Bénédictins et le Collège Pontifical Grec, in Cahiers de saint-André, avril-octobre 1959, 48-54.
[8] Cf. Id., Tradizioni liturgiche in Collegio Greco, in S. Atanasio 1 (1964) 34-38; 2 (1964) 29-35); 3 (1964) 32-39; 1 (1965) 32-39; 2 (1965) 30-36; 3 (1965) 17-25.
[9] Cf. Id., Galerie de portraits au College Grec, in Le Lien 5 (1972) 35-41 (sbagliatamente firmato da E. Jarawan).
[10] Cf. Id., Il IV° centenario del Pontificio Collegio Greco, in L’Osservatore romano, 13 gennaio 1977, 7; Id., Le College Grec comme temoignage de l’intéret de l’Eglise romaine pour l’Orient chretienne, in L’Osservatore romano (edizione francese), 26.07.1977; Id., Le celebrazioni del IV centenario del Pontificio Collegio Greco, in SICO, maggio 1977, 2-28.
[11] Cf. Id., Contributo del Collegio Greco di Roma alla formazione culturale-religiosa delle Colonie italo-albanesi di Sicilia, in Oriente Cristiano 2-3 (1985) 42-53.
[12] Cf. Id., Pontifico Collegio Greco, in Congregazione per le Chiese Orientali, Il grande giubileo del duemila e le Chiese Orientali Cattoliche, Roma 1999, 65-67.
[13] Cf. Id., La missione del Pontificio Collegio Pio Romeno, in L’Osservatore romano, 14-15 maggio 1999, 7.
[14] Di fatto esiste un ritratto di Padre Raquez che si trova sulla parete dell’archivio nel Collegio Greco.Uno piò pure ritrovare il suo volto depinto (come san Paolo) nel parlatorio al pianterreno del Collegio Greco, sopra la porta, come anche nella pittura di Michel Berger fatta nell’abside della cappella intera dello stesso Collegio.
[15] Cf. O. Raquez, Le celebrazioni in rito bizantino ‘coram Summo Pontifice’, in L’Osservatore romano 4 febbraio 1984, 5.
[16] Cf. Id., I metodi del dialogo con i cristiani non cattolici (secondo l’enciclica Ecclesiam suam), in L’Osservatore romano, 6 dicembre 1964, 46-47; Id., Introduzione alla Costituzione sulla Liturgia, in Katholiki di Atene, 6 e 13 luglio 1966. (in greco); Id., Insegnamento post-conciliare sulla concelebrazione, Katholiki di Atene 20.12.1967 e 3.01.1968. (in greco); Id., Il Decreto Conciliare sulle Chiese Orientali Cattoliche e le liturgia, in L’Osservatore romano, 9 gennaio 1985, supplemento per il XX anniversario della promulgazione del Decreto, 8.
[17] Id., Appunti sulle norme liturgiche formulate del Codice dei canoni delle Chiese Orientali, in Lajme Notizie 3 (1993) 8-15; 1 (1994) 24-32; Id., L’Istruzione per l’applicazione delle prescrizioni liturgiche del CCCO, in AA.VV., L’identità delle Chiese Orientali Cattoliche, Nyiregyhaza 1997, 227-235.
[18] Per esempio cf. Id., Itinerari vocazionali nella liturgia, in Seminarium 1997, 471-9.