Lettera a Thomas Merton
(nel suo centesimo anniversario)
(nel suo centesimo anniversario)
Quando trentacinque anni fa ho letto Semi di contemplazione avrei voluto scriverti una lettera, ma non sapevo dove cercarti. Volendo prolungare l’effetto benefico della lettura, ho preso altri tuoi libri da cui ho imparato che non c’eri più in questo mondo e allora ho rinunciato al progetto di scriverti. Per quasi due decenni ti ho letto, ho tradotto i tuoi testi, ho tenuto conferenze e scritto saggi su di te. Poi questo flusso si era fermato, ma è rimasta la tua presenza. A volte silenziosamente guardo nella tua direzione e sento che anche tu mi scruti-nello stesso modo. In altri momenti percepisco che insieme guardiamo nella stessa direzione. Permettimi di interrompere per un attimo questo nostro silenzioso stare insieme per scriverti qualche parola e così adempiere a quello che avrei voluto fare in un passato piuttosto lontano.
Per molto tempo seguivo le tue orme, ogni tanto forse in un modo troppo
insistente. Perdonami. Ero affascinato dall’avventura della sua vita: la nascita
nei Pirenei francesi nella casa degli artisti, il tuo diventare orfano in età
ancora tenera, i viaggi giovanili in Inghilterra, Francia, Italia e infine il
tuo stabilirsi negli Stati Uniti, dove le tue ricerche esistenzialisi sono
intensificate. La guerra, oltre a dilemmi morali, ti ha portato anche il senso
di colpa, perché durante dei bombardamenti di Londra erano morti un figlio
illegittimo e la sua mamma. Hai cercato sollievo nel monastero trappista in
Kentucky, ma ti è arrivata la notizia sulla tragica morte del fratello minore.
Nonostante la folla di monaci, all'interno delle mura ti sei sentito da solo,
perciò hai cercato una solitudine più profonda, che libera da tutto e con tutto
unisce. Così, passeggiando tra le colline, boschi e campi del monastero sei
diventato un cittadino del mondo. Rimane per me misterioso il fatto che sei
riuscito di fare questo che hai fatto proprio in questo contesto, che d’altra
parte dimostra che lo spirito può crescere ovunque. C’era in te qualcosa di
imprevedibile e folle: come un trappista segnato dal voto di silenzio sei
diventato autore di bestseller, come un eremita ti sei innamorato di una donna,
nel tuo eremo hai ascoltato dischi di Bob Dylan e ospitato Joan Baez, come
membro del clero cattolico, nei tempi della guerra fredda, hai scritto contro i
vescovi americani che appoggiavano gli armamenti nucleari e i tuoi testi non
sono piaciuti alla CIA. Forse è vero che la tua morte a Bangkok non era un
incidente, ma un attentato ben pianificato, simile a questi in cui sono stati
uccisi J.F. Kennedy e Martin Luther King. Ho sempre pensato che sulla base
della tua vita si potrebbe fare un bel film, ma poi ho saputo che l’hai
impedito nel tuo testamento. Comprendo la tua decisione che però non mi ha
impedito a scriverne nella mia mente una sceneggiatura a proposito. Quando rifletto
sulla tua vita, sul mio volto sempre affiora un sorriso in cui si mescolano ironia,
gioia e incanto.
All’inizio ti ho letto nelle traduzioni polacche fatte, in un modo relativamente libero, dalla signora Maria Morstin-Górska. Ben presto però ho iniziato a leggerti nella lingua originale. Ho avuto l'impressione che me lo chiedessi tu stesso per trasmettermi quanto avevi incluso tra le righe. Quando l’ho capito, la mole dei tuoi scritti ha smesso di spaventarmi – tantissime ore che ho dedicato alla lettura dei tuoi testi le ho vissute come una passeggiata con te. Ti ho sempre immaginato come un angelo con un’ala sola, e perciò percepito dagli altri come invalido, ma in grado di realizzare in volo capriole e piroette stupende, in cui c’era qualcosa di unico, bello e armonioso. Penso che i momenti in cui scrivevi fossero per te tali voli mistici e che per questa ragione scrivessi quasi di continuo. Questo non vuol dire che hai vissuto per scrivere, ma senza dubbio la scrittura ti ha aiutato a vivere: nei tuoi libri sei riuscito a travasare po’ del tuo vivificante spirito.
Sei stato tu a introdurmi nel mondo della mistica. Le tue parole hanno risvegliato quello che giaceva nel mio cuore e mi hanno indicato la direzione del cammino. Grazie a te ho cominciato a percepire la realtà in una prospettiva mistica. Qualunque cosa gli altri avessero potuto pensarne, noi ci siamo capiti bene in questa materia. La tua sensibilità mistica ti ha spinto verso le altre religioni e tu ne hai parlato nei tuoi scritti. È grazie a te che ho fatto i miei primi passi verso il buddismo, l’induismo, il taoismo e il sufismo. Inoltre mi hai mostrato una dimensione profondamente spirituale del marxismo e dell’ateismo.
Confesso che oggi non mi attirano molto quelli che tra i tuoi libri sono considerati classici di spiritualità. Non apro più i volumi dei tuoi diari e carteggi, interessanti, ma, perdonami, troppo loquaci. Molto di più invece rifletto sulla tua poesia, non si tratta di pie meditazioni scritte in versi, ma di intriganti composizioni sperimentali in cui intravedo non solo un originale autore del Novecento, ma un poeta mistico che raggiunge i limiti del linguaggio e, fermandosi all’incrocio tra silenzio e parole, tocca il cuore della realtà. Alcune delle tue poesie del genere, come per esempio Cables to the Ace or Familiar Liturgies of Misunderstanding o The Geography of Lograire, sono affascinanti. Mi piace leggerle ogni tanto. Proprio da questa prospettiva poetica penso alla tua vita e ai tuoi successi come scrittore. Forse appartengo alla minoranza, ma questo non mi preoccupa, come del resto non preoccupava te quando scrivevi queste opere in solitudine. Sono loro che rivelano gli arcani del tuo laboratorio di scrittore da cui sono usciti libri come La montagna di sette balze, Pensieri in solitudine, Nessuno è un’isola o Preghiera contemplativa. Non c’è nessun dubbio che sentissi profondamente la parola, perciò eri capace di incantare gli altri con essa.
Più volte mi sono chiesto che cosa avresti fatto e scritto se avessi vissuto più lungo. Appartenevi ad altri tempi, all’epoca della primavera della cultura occidentale che è passata velocemente: folli anni sessanta, figli dei fiori, fascino per l’esotico Oriente, tentativi di aperture nel cattolicesimo. Che cosa avresti pensato del Papa polacco? Forse su questo argomento avresti avuto uno scambio epistolare con Czesław Miłosz? Forse ti sarebbe piaciuto l’incontro di preghiera dei rappresentanti di varie religioni svoltosi a Assisi nel 1986? Come avresti reagito alla scandalosa soppressione della teologia della liberazione che ha colpito alcuni dei tuoi amici? Col tempo saresti diventato un sereno vecchietto che benedice tutti e tutto o avresti protestato contro la fossilizzazione delle istituzioni religiose e contro la violenza dei vecchi e nuovi poteri politici? Opto per la seconda possibilità, ma mi è difficile immaginarlo e non so dove potrei collocarti nel mondo di oggi. Ma forse proprio perché oggi non c'è spazio per te da nessuna parte, come del resto non c’era durante la tua vita, puoi essere ovunque. Le nostre relazioni con il tempo e con lo spazio sono misteriose. Non è vero che l’ultima frase che hai pronunciato in pubblico è stata “Allora, scompaio”? E io mi permetto di aggiungere: “per essere presente”. Così risvegli in noi ciò che è invisibile, inconcepibile e inaudito, il cui altro nome è libertà.
Vedo che mi guardi come se avessi esagerato. Ho esagerato? Sorridi e non so come interpretare questo tuo sorriso, ma per fortuna non devo farlo e semplicemente ritorno a questo silenzioso stare con te che tutti e due apprezziamo così tanto.
©MaciejBielawski (2015)
All’inizio ti ho letto nelle traduzioni polacche fatte, in un modo relativamente libero, dalla signora Maria Morstin-Górska. Ben presto però ho iniziato a leggerti nella lingua originale. Ho avuto l'impressione che me lo chiedessi tu stesso per trasmettermi quanto avevi incluso tra le righe. Quando l’ho capito, la mole dei tuoi scritti ha smesso di spaventarmi – tantissime ore che ho dedicato alla lettura dei tuoi testi le ho vissute come una passeggiata con te. Ti ho sempre immaginato come un angelo con un’ala sola, e perciò percepito dagli altri come invalido, ma in grado di realizzare in volo capriole e piroette stupende, in cui c’era qualcosa di unico, bello e armonioso. Penso che i momenti in cui scrivevi fossero per te tali voli mistici e che per questa ragione scrivessi quasi di continuo. Questo non vuol dire che hai vissuto per scrivere, ma senza dubbio la scrittura ti ha aiutato a vivere: nei tuoi libri sei riuscito a travasare po’ del tuo vivificante spirito.
Sei stato tu a introdurmi nel mondo della mistica. Le tue parole hanno risvegliato quello che giaceva nel mio cuore e mi hanno indicato la direzione del cammino. Grazie a te ho cominciato a percepire la realtà in una prospettiva mistica. Qualunque cosa gli altri avessero potuto pensarne, noi ci siamo capiti bene in questa materia. La tua sensibilità mistica ti ha spinto verso le altre religioni e tu ne hai parlato nei tuoi scritti. È grazie a te che ho fatto i miei primi passi verso il buddismo, l’induismo, il taoismo e il sufismo. Inoltre mi hai mostrato una dimensione profondamente spirituale del marxismo e dell’ateismo.
Confesso che oggi non mi attirano molto quelli che tra i tuoi libri sono considerati classici di spiritualità. Non apro più i volumi dei tuoi diari e carteggi, interessanti, ma, perdonami, troppo loquaci. Molto di più invece rifletto sulla tua poesia, non si tratta di pie meditazioni scritte in versi, ma di intriganti composizioni sperimentali in cui intravedo non solo un originale autore del Novecento, ma un poeta mistico che raggiunge i limiti del linguaggio e, fermandosi all’incrocio tra silenzio e parole, tocca il cuore della realtà. Alcune delle tue poesie del genere, come per esempio Cables to the Ace or Familiar Liturgies of Misunderstanding o The Geography of Lograire, sono affascinanti. Mi piace leggerle ogni tanto. Proprio da questa prospettiva poetica penso alla tua vita e ai tuoi successi come scrittore. Forse appartengo alla minoranza, ma questo non mi preoccupa, come del resto non preoccupava te quando scrivevi queste opere in solitudine. Sono loro che rivelano gli arcani del tuo laboratorio di scrittore da cui sono usciti libri come La montagna di sette balze, Pensieri in solitudine, Nessuno è un’isola o Preghiera contemplativa. Non c’è nessun dubbio che sentissi profondamente la parola, perciò eri capace di incantare gli altri con essa.
Più volte mi sono chiesto che cosa avresti fatto e scritto se avessi vissuto più lungo. Appartenevi ad altri tempi, all’epoca della primavera della cultura occidentale che è passata velocemente: folli anni sessanta, figli dei fiori, fascino per l’esotico Oriente, tentativi di aperture nel cattolicesimo. Che cosa avresti pensato del Papa polacco? Forse su questo argomento avresti avuto uno scambio epistolare con Czesław Miłosz? Forse ti sarebbe piaciuto l’incontro di preghiera dei rappresentanti di varie religioni svoltosi a Assisi nel 1986? Come avresti reagito alla scandalosa soppressione della teologia della liberazione che ha colpito alcuni dei tuoi amici? Col tempo saresti diventato un sereno vecchietto che benedice tutti e tutto o avresti protestato contro la fossilizzazione delle istituzioni religiose e contro la violenza dei vecchi e nuovi poteri politici? Opto per la seconda possibilità, ma mi è difficile immaginarlo e non so dove potrei collocarti nel mondo di oggi. Ma forse proprio perché oggi non c'è spazio per te da nessuna parte, come del resto non c’era durante la tua vita, puoi essere ovunque. Le nostre relazioni con il tempo e con lo spazio sono misteriose. Non è vero che l’ultima frase che hai pronunciato in pubblico è stata “Allora, scompaio”? E io mi permetto di aggiungere: “per essere presente”. Così risvegli in noi ciò che è invisibile, inconcepibile e inaudito, il cui altro nome è libertà.
Vedo che mi guardi come se avessi esagerato. Ho esagerato? Sorridi e non so come interpretare questo tuo sorriso, ma per fortuna non devo farlo e semplicemente ritorno a questo silenzioso stare con te che tutti e due apprezziamo così tanto.
©MaciejBielawski (2015)